Logo di un fiore stilizzato

Traffico

Non aspettatevi niente

Stava dando i numeri

Ieri sull’autobus sentivo una persona contare. “56, 32, 24”. No, non stava contando. “105, 6, 83”. Non c’era ordine. Stava dando i numeri. Ma che numeri erano? “11, 92, 39”. In preda alla curiosità, tolsi dall’orecchio destro l’unica cuffietta rimasta, e mi misi in ascolto “29, 623, 7”.


Se fossi stata mio nonno avrei preso un foglietto, avrei strappato di mano la penna alla signora seduta sul sedile difronte, e avrei iniziato a segnare tutto. Avrei, per i giorni successivi, passato le ore dal tabaccaio, spendendo tutti i miei soldi, cercando la combinazione giusta dei numeri da giocare. “1934, 55,76”. Gruppi di tre numeri che mi sarei segnata con ansia, cercando di indovinare il gruppo vincente. Se fossi stata mio nonno avrei passato intere giornate a sognare quei numeri, a farli roteare nella mente fino a vomitarli. “3, 164, 88”. Fortunatamente non sono mio nonno e lui non prende più l’autobus da anni.

Facendo virtù di questa consapevolezza, e decidendo comunque di non volerle sottostare, tirai fuori il telefono e iniziai a segnare con angoscia tutti i numeri. Pensavo “Non si sa mai, metti che è la volta buona!” Mi spremevo le meningi cercando di ricordare quale fosse la prima combinazione sentita. “Era 263, 54, 98?” No, mi stavo confondendo. Perdevo il filo del discorso, dovevo stare attenta, dovevo essere concentrata e scrivere “234, 50,39”.

Dopo dieci minuti passati a segnare i numeri, mi si incrociavano gli occhi sullo schermo. L’autobus aveva tutto a un tratto iniziato a cigolare. Un rumore fastidioso, che trovava origine proprio vicino a dove ero seduta. Pensai di spostarmi, rischiavo di non sentire i numeri corretti. Sudavo, ormai in preda ad uno stato d’animo a metà tra l‘ansia, per l’intensa concentrazione, e la rabbia, per quel cigolio che rischiava di farmi perdere la vincita più importante della mia vita. “14, 42, 68”. “Ha detto 68 o 78?” Oddio, non avevo sentito.

Proprio mentre avevo deciso di alzarmi per avvicinarmi al mio oracolo, ecco che, cogliendomi alla sprovvista, una scolaresca entrò da entrambe le porte dell’autobus. Generando un marasma che mi rendeva impossibile, non solo sentire i numeri, ma anche vedere il telefono. Allora mi venne da piangere. Per colpa di una banale gita scolastica avrei dovuto vivere e convivere con la mia miseria.

Pensavo a cosa avrei potuto fare con i soldi della vincita, ormai sfumata, quando mi accorsi che del mio profeta non c’era più traccia. Nessun numero. Non era possibile. Mi feci strada, percorsi tutto l’autobus cercando di sentirlo, ma niente. Era sceso. L’avevo perso e, con lui, i miei numeri.

Mentre pensavo di aver sprecato e perso anche questa grande occasione, mi accorsi che avevo superato da circa 15 minuti la fermata a cui sarei dovuta scendere. Così mi ritrovavo in ritardo e con un’alta probabilità di essermi persa i numeri vincenti.

Scesi dal bus, incolpando l’autista, per il cigolio del mezzo e l’intero sistema d’istruzione italiana che, anche questa volta, aveva agito irresponsabilmente. Mi incamminai nella direzione opposta a quella dell’autobus mentre riuscivo solo a pensare che, dopotutto, assomiglio veramente molto a mio nonno.

Sempre miseramente vostra,

Caterina