
Alcune volte ti guardo, e penso che io e te non ci assomigliamo proprio. Penso che, forse, per capirti meglio, per assomigliarti di più, avrei dovuto crescere nella tua di pancia. Allora forse, se per nove mesi avessimo condiviso tanto, se avessi sentito il tuo di battito e partecipato al tuo agire, magari mi sarei riconosciuta di più nel tuo passo lento, mi sarei rivista nei tuoi occhi azzurri e mi sarei capita nei tuoi silenzi.
Oggi, guardandoti, cerco di capire con chi sono cresciuta e quale corto circuito mi ha impedito di somigliarti.
La calma e l’irruenza, la passione e l’ossessione, il silenzio e la parola, la consapevolezza e la sfida, la timidezza e l’esibizionismo.
Eppure ricordo che qualcosa di tuo c’era. Qualcosa di tuo era in me, nella mia casa, in un angolo della camera, su uno scaffale della libreria, in un cassetto, sotto una vecchia maglietta. C’era, lo ricordo, eppure non lo ritrovo, e guardandoti mi sembra assurdo conoscerti da così tanto e non avere in me niente di tuo.
Sicura, come sono, di aver avuto qualcosa che ti appartiene e certa di non ritrovarlo, stranita l’ho cercato e ricercato. Ho provato tutte le magliette, disfatto i cassetti, ispezionato ogni angolo, riordinato tutti i libri sugli scaffali e messo sottosopra l’intera casa. Ma niente.
Devo averlo nascosto, per proteggerlo dalla mia adolescenza, per preservarlo dalla mia rabbia, e potrei aver dimenticato il luogo dove, per tutto questo tempo, l’ho custodito. Magari a te l’ho confessato, il nascondiglio, magari tu sai dov’è quella cosa che, in me, ti appartiene. Magari insieme l’abbiamo nascosta quando ero piccola, e se riuscissi a capirti, sapresti indicarmi tu l’angolo sicuro dove ritrovarti.
Impaziente, ho insistito perché tu mi confessassi dove ti ho messo, ma nessuna delle tue risposte risulta a me comprensibile e nessuno dei tuoi gesti mi ricorda di quel posto dove ti nascondo. Allora attendo, sicura di volerti ritrovare, e lascio che il tempo passi, aspettando che magari, un giorno, tu possa sentire la mia domanda e io possa comprendere la tua risposta. Attendo il giorno in cui, non cercandoti, ti troverò in bella vista, in quell’angolo di casa mia dove ti ho appoggiato anni fa, dove ti ho custodito. E finalmente ti capirò, ci capiremo, e tornerò nuovamente a camminare al tuo passo.
Sempre familiarmente vostra,
Caterina